Carla Patella. Permanente dell’arte contemporanea italiana. Libro 1.
Carla Patella – (Bologna, 1953, Italy) – Trittico – xxxxcm. Il numero tre, emblema della completezza divina della creazione e della perfezione assoluta del Sé spirituale, per eccellenza, ha influenzato non solo i vari dotti dell’antichità, ma anche gli attuali iniziati, in grado di percepire e interpretare la simbologia misteriosa racchiusa nei numeri, e una miriade di artisti, succedutisi nella storia dell’arte fino ad oggi, i quali sono in contatto con certe forze sconosciute, talora raffigurate all’interno delle loro opere, come la pittrice, Carla Patella, la quale dedica a tre fanciulle, per l’appunto, un trittico. Esse sono raffigurate in un gazebo, che accoglie al suo interno, per l’appunto, questi tre soggetti psichici femminili, facenti parte della razza europea, al fine di proteggerle dal caos, dal frastuono frenetico e da ogni sorta di negatività prodotta delle società antropiche, succedutesi sulla superficie della Terra. Ella concepisce questi tre manufatti artistici comprendenti tre tele bianche, di lino, rettangolari, di chiara matrice geometrica euclidea per rimembrare la peste nera, che attanagliò la maggior parte della popolazione del Vecchio continente attorno al XIV secolo dell’era volgare, e che Giovanni Boccaccio rimembra nel suo Decamerone. Sulla scorta di ciò, si evince che la pittrice, Carla Patella, vuole mettere in rilievo la fuga di queste tre giovani donne dalle loro rispettive città di residenza, per non subire gli effetti devastanti della peste nera, dove la sporcizia, la scarsa igiene provocavano, nel Medioevo, l’insorgenza di ogni tipo d’infezione e malattia, e nessun essere umano, appartenente a qualsiasi classe sociale, era immune da questo grande flagello che si abbatté, impietosamente e all’improvviso, soprattutto, nei grandi centri urbani, mentre al contrario le campagne erano gli unici luoghi più sicuri per proteggersi dal terribile morbo che si trasmetteva da uomo a uomo anche solo con il contatto fisico. Ciascuna delle tre ragazze è ontosignificata sulle superfici delle tele, ognuna delle quali è differente una dall’altra, e su cui il loro nome non è menzionato per intitolare le tre opere dedicate a loro. Ne consegue che tali fanciulle rimarranno per sempre avvolte da un alone di mistero perché senza nome, ma nondimeno celebri per la loro avvenenza e il fascino intrinseco che le caratterizza, rendendole, pertanto, le uniche e vere protagoniste del trittico. Le ragazze sono intente a nutrirsi di molti cibi prelibati, costituiti, in prevalenza, da frutta, alimento che, come tanti altri, durante la peste era difficile trovare in commercio all’interno dei vari centri urbani, ma facilmente reperibile nelle varie campagne, dove la cosiddetta morte nera ebbe scarsa possibilità di estendersi fra gli abitanti.
Il primo quadro sulla sinistra del trittico rappresenta una ragazza dai capelli rossi, dove un tessuto di colore rosa ricopre, in parte, una scena di paesaggio, ravvisabile soprattutto sul lato destro del manufatto artistico. Tale soggetto psichico femminile è seduto a un grande tavolo, ricoperto da una tovaglia bianca, al centro del quale è disposto un grande calice in vetro con dentro delle ciliegie, mentre sulla parte sinistra del tavolo stesso, la pittrice raffigura dei bei grappoli di uva bianca. Sulla destra, invece, sono messe ben in evidenza delle mele rosse, contenute in una ciotoĺa di colore grigio. La giovane donna cinge con la mano sinistra un melograno, simbolo della resurrezione e dell’immortalità, pertanto fortemente connesso al significato allegorico della lotta personale contro la peste nera.
Il quadro centrale rappresenta una donna bionda, con un arancia in mano, simbolo della Famiglia de’Medici, signori di Firenze, dove imperversò, con tutta la sua forza distruttiva, la peste. Sul tavolo, la pittrice dipinge, partendo dal lato sinistro verso quello destro, una bottiglia di vetro blu, con a fianco un bicchiere anch’esso in vetro, ma trasparente, sul cui bordo s’intravede una fetta di limone, mentre il centro del tavolo stesso è presente una ciottola di colore viola, contenente altre arance. Invece, all’estremità del lato sinistro del quadro, si può notare una brocca, il cui contenuto non è dato sapere, per chi osserva la suddetta opera. Il dipinto rappresenta lo stesso sfondo della prima opera a sinistra del trittico, per l’appunto, una scena di paesaggio occultato, parzialmente, dall’identico tessuto in tela di cui si compone la tenda del quadro a sinistra.
L’ultima opera a destra del trittico, rappresenta una ragazza dai capelli castani, posta di fianco, con il viso di profilo. Lo sfondo della scena di paesaggio è completamente offuscato dalla grande tenda del gazebo. Sul tavolo, sono ravvisabili, soprattutto, dei mandarini e un vaso di fiori, allo scopo di magnificare il senso di sicurezza che danno le campagne, in caso di calamità naturali, sovente, agli esseri psichici più intelligenti, i quali sono capaci di trovare la giusta tranquillità, isolandosi il più possibile dalla moltitudine degli esseri umani presenti nelle tante città, sedi, per l’appunto, della più alta concentrazione dell’umanità recalcitrante. La pittrice, Carla Patella, crea quest’opera per celebrare una delle tante vie di salvezza degli alcuni esseri psichici, dimoranti, principalmente, all’interno di queste città devastate, oltre che dalla peste, anche dalla corruzione, dalle malelingue, dalle invidie, nonché dalla brama di potere, mentre all’opposto le lande desolate delle immense campagne italiane sono capaci di rigenerare gli animi delle persone più umili ed equilibrate, come le donne ivi raffigurate dalla pittrice anzidetta, le quali sono cittadine, non ancora abituate ai duri lavori della terra, cionondimeno, ospitate in questo gazebo dagli abitanti delle campagne medesime che circondano le ormai antiche e vetuste città italiane, dilaniate dalla punizione divina della peste nera.
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