Carla Patella. 1953, Bologna. Primavera in Toscana – Olio e acrilici su tela – 120x80cm. Le citta’ costituite dai popoli degli uomini possono divenir soffocanti nei riguardi di un essere psichico femminile, o necessariamente troppo vissute da coloro i quali da sempre sono soliti a convivere in esse assieme ad altri esseri psichici di qualsiasi livello sociale o razza differente, sicche’ la pittrice Carla Patella realizza questa sua opera dedicata a una scena di paesaggio naturale, ritraente le colline toscane, dove ella un tempo soleva soggiornare piu’ volte, allontanandosi dalla sua amata Bologna, sua citta’ natia, sicche’ ella in questa citta’ opera oggiggiorno intensamente come pittrice, nella sua solitudine e virtù, che contraddistingue la sua personalita’ da altre pittrici italiane e non solo. La scena di paesaggio vista dall’alto, viene razionalizzata dapprima dalla mente contemplante della pittrice anzidetta, nonche’ questa sua opera mette in risalto delle idee, che contengono in se stesse, delle nozioni teoretiche fortemente riconducibili all’ elevazione dello spirito e del supremo volo uranico fantasioso, che contraddistinguono pochi artisti nell’ intravedere il mondo dall’alto e mai dal basso, per delle motivazioni psicologiche, che molti di essi, appunto gli artisti medesimi, non riescono a percepire nessun tipo di emozione o altro di virulento che possa rilevare nelle loro anime annoiate la magnificenza del giusto calore o dei vari stimoli generati dagli obiecta o dai soggetti che si impongono con intransigenza con il loro peso specifico e la loro possanza volumetrica sulla superficie del pianeta terra, talche’ si evince che la pittrice Patella debba essere necessariamente inquadrata come personalita’ in questi artisti, dove le cose del mondo vengono percepite non indispensabili per favorire nel suo spirito contemplante delle suggestioni fantasiose, funzionali a ontoconcretizzare per se stessa delle possibilita’ di fuga dallo stesso mondo che accoglie in tutto la sua presenza sostanziale su di esso, talche’ in dante ella la pittrice anzidetta, utilizza la forma d’ arte come uno strumento efficente atto a magnificare una visione distante dal mondo, che suggerisce nel suo quadro la presenza della vita stessa e dei suoi svariati obiecta vegetali e artificiali, ma essi, appunto gli obiecta anzidetti, pongono sempre nei riguardi di chi li osserva delle sensazioni psicologiche che possono suggerire sia alla pittrice che all’ osservatore di questo suo quadro manifesto, delle visioni di paesaggio dolci e silenti dove la presenza dell’umanita’ recalcitrante puo’ palesarsi a primo acchito dall’ iconograficizzazione delle varie strutture antropiche viste dall’alto che si impongono sulla superficie del pianeta sopraddetto, dacche’ l’opera della Patella non sembra evocare sulla sua superficie della tela l’ iconograficizzazione di alcun tipo di essere psichico, poiche’ quest’ ultimo non indispensabile per asservire la sua codesta opera, funzionale a estromettere la solitudine di un qualsiasi osservatore del suo quadro, talche’ si evince che tal opera viene realizzata solo per celebrare la gioiosita’ della Patella nel momento in cui ella era intenta con il suo spirito e il suo corpo di appartenenza ad assaporare le gioie e la verve dei docili paesaggi toscani, ivi raffigurati in parte in questo suo quadro sopraddetto. La pittrice Patella utilizza una tela in lino, di colore bianco, rettangolare, di chiara matrice geometrica e euclidea, dove su di essa, la pittice anzidetta, attraverso i colori acrilici e a olio, rappresenta al centro del quadro un bel casale toscano, circondato da innumerevoli cipressi, simboli del contatto diretto fra la terra e il cielo, nonche’ della vita e della morte. Il grande cielo di colore roseo, potrebbe magnificare il tramonto del giorno, per introdurre le grandi ore del buio pesto e assoluto, nonche’ solo i raggi del sole possono illuminare gli oggetti coltri e smarriti, nonche’ gli stessi esseri psichici che l’ artista Patella non dipinge sulla tela, sicche’ ogni creatura, forse, potrebbe ritrovarsi solo all’interno di tale struttura artificiale, costituita da questo palazzo ivi raffigurato al centro dell’opera. Degli alberi di ulivo sono dipinti assieme ai vigneti, piante queste ultime che caratterizzano in prevalenza il paesaggio toscano, mentre lo sfondo del quadro riesce a mettere bene in evidenza delle colline, per la quale la Toscana e’ celebre, mentre un singolo albero viene dipinto in alto sulla sommita’ della collina centrale, per ultramagnificare come un antenna le forze energetiche di tal territorio naturale ivi prediletto dalla Patella per questa sua opera, dedicata appunto alla calma e alla gioia di una porzione di paesaggio Toscano. La fuga di questo mondo viene percepita dalla Pittrice in menzione attraverso la sua pittura uranica, poiche’ ella non dipinge questa sua opera dal basso, ma bensì come se il suo stesso corpo e il suo spirito sorvollassero dall’alto la regione Toscana, per percepire lontanamente la bellezza naturale di questi luoghi prediletti soprattutto dal popolo degli etruschi, dai lettarati, dagli artisti e dai pochi dotti che il mondo stesso e’ riuscito a generare attraverso la sua esistenza all’interno della realta’ fenomenica. Jean-François Bachis-Pugliese Semiologo e Critico d’arte. Copyright 2021. Tutti i Diritti Riservati.